sabato 5 gennaio 2013

Roma medievale: l'Oratorio mariano di Santa Pudenziana










Evidenziate dai restauri del 1928-30, le testimonianze delle trasformazioni operate in epoca romanica sulla basilica di Santa Pudenziana a Roma consistono negli affreschi dell’oratorio, nella struttura interna della chiesa, nel campanile e nei rilievi del portale. Alle spalle dell’abside si trova l’oratorio mariano, decorato ad affresco. Sulla parete di fondo la Vergine con il Bambino è affiancata da santa Pudenziana e da santa Prassede, contraddistinte dalla corona del martirio; sulla sinistra, nel registro superiore, è la Conversione e il Battesimo dei figli di Pudente a opera di san Paolo, in quello inferiore il Battesimo delle sante e l’ordinazione di Novato. Sulla parete opposta è un angelo che incorona i santi Cecilia, Valeriano e Tiburzio.  Lo spazio della volta, diviso in cinque campi da cornici decorative, accoglie l’Agnus Dei circondato dai Viventi, accompagnati da iscrizioni. Caratteristiche di questa decorazione apocalittica sono, da un lato, la rappresentazione del Tetramorfo sulle quattro vele e, dall’altro, la presenza di iscrizioni identificative, disposte sotto i singoli simboli degli Evangelisti secondo un andamento curvilineo che segue la concavità della superficie. Le lettere sono bianche su fondo verde, mentre la scrittura è in capitale. I testi sono in versi leonini (san Marco; san Luca) e in esametri (san Giovanni e san Matteo). L’iscrizione Vox clamantis ais qua Marce leone notaris in corrispondenza del leone di Marco appare frammentaria. In prossimità dell’evangelista Giovanni si legge oggi Alta nimis scandit facies aquilina Ioh(ann)is, sebbene sui disegni di Cassiano del Pozzo sia riportato il verso Arcanis scandit facies aquilina Ioh(ann)is. Anche l’epigrafe dipinta Frons hominis pandit chr(ist)i com(m)mercia carnis in corrispondenza di Matteo è molto lacunosa; mentre quella che si riferisce a san Luca, Luca boantis species (sor)te mutat arantis, non è più visibile[1]. I tituli dovevano indicare le singole caratteristiche dei quattro redattori, teorizzate da Girolamo, riprese dal Carmen Paschale di Sedulio, da Gregorio Magno e da letterati e teologi di epoca carolingia e confluite, alla fine del XIII secolo, nello Speculum di Vincenzo di Beauvais. Secondo la lettura di Morey l’iscrizione Arcanis scandit facies aquilina Ioh(ann)is si presenterebbe, nel significato, contigua ai versi Scribendo penitras caelum tu mente, Johannes del Codex Aureus di Sant’Emmerano. L’epigrafe esegetica disposta sotto il simbolo di san Marco Vox Clamantis ais qua marce Leone Notaris ben si attaglierebbe al titulus More boat Marcus frendentis voce leonis, sempre tratto e rielaborato dallo stesso codice e ai versi Marcus ut alta fremit vox per deserta leonis del Carmen Paschale di Sedulio[2].
Oggi i simboli di Marco, di Matteo e di Giovanni si presentano mutili e in cattivo stato di conservazione[3]. La loro ubicazione sulla volta trova confronti nelle antiche raffigurazioni di Santa Matrona in San Prisco a Santa Maria Capua Vetere e del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna (prima metà del V secolo), dove gli Animali compaiono assieme al trono etimatico o, nel caso ravennate, alla croce del Risorto, qui sostituita dall’Agnus Dei al centro della composizione[4]. Secondo l’assetto riscontrato a S. Pudenziana, il Tetramorfo compare nella decorazione della Cappella Arcivescovile di Ravenna (fine V secolo), segnatamente sulle vele della volta a crociera scandite da quattro angeli delineati lungo la linea ascensionale delle costolonature. L’immagine dell’Agnello nel clipeo centrale, connessa con i simboli Evangelici delle lunette, faceva parte anche del perduto programma decorativo del sacello di San Giovanni Battista al Laterano (V secolo), che propone un’iconografia attestata, qualche secolo dopo, anche nell’area presbiteriale di San Vitale e diffusa soprattutto nell’Oriente Cristiano[5].



[1] Le integrazioni delle iscrizioni sono state possibili grazie al disegno acquerellato di Eclissi, alla lettura del Morey (1915) e al contributo di Wilpert (1916): C. R. Morey, Lost mosaics and frescoes of Rome of the mediaeval period: a publication of drawings contained in the collection of Cassiano dal Pozzo, now in the Royal Library, Windsor Castle, Princeton University Press 1915; S. Riccioni, Iscrizioni, in CROISIER 2006, pp. 199-206. Vedi anche A. Trivellone, Il cosiddetto oratorio mariano della chiesa di S. Pudenziana e i suoi affreschi: nuove considerazioni, in ROMA E LA RIFORMA GREGORIANA 2007, pp. 305-330.
[2] Cfr. MOREY 1915, p. 47; Sedulio, Carmen Paschale, v. I, p. 355: CSEL X, p. 42. Sul finire del XII secolo, concetti di questo tipo permearono il pensiero di Adamo di San Vittore (1172-1192), cui si deve l’elaborazione dei seguenti versi: Marcus, leo per desertum/ Clamans, rugit in apertum / Iter fiat Deo certum / Mundum cor a crimine./ Sed loannes, ala bina / Caritatis, aquilina / Forma fertur in divina / Puriori lumine.
[3] J. Croisier, La decorazione pittorica dell’oratorio mariano di Santa Pudenziana, in CORPUS IV 2006, pp. 199-206.
[4] UTRO 2000c, pp. 286-287.
[5] Cfr. PENNESI 2006, pp. 428-432; G. Bovini, Ravenna. Mosaici e monumenti, Ravenna 2003, pp. 123-129.
[6] A proposito dello stile, sono stati messi in evidenza alcuni punti di contatto con i dipinti murali dei sotterranei del Sancta Sanctorum, con quelli della basilica di Sant’Anastasio a Castel Sant’Elia (Nepi), della Pieve di Vallerano e della Grotta degli Angeli a Magliano Romano: PARLATO-ROMANO 2001, pp. 171-178, 322-323; CROISIER 2006, pp. 199-206. A giudizio di Matthiae, la presenza di alcune precise soluzioni formali rende le pitture il precedente immediato per gli affreschi della chiesa inferiore di S. Clemente: MATTHIAE 1966 [1988], pp. 21-24. Per Demus, esse vanno collocate al primo quarto del XII secolo: O. Demus, Romanische Wandmalerei, München 1968, pp. 57,121. Gandolfo, invece, ne ha proposto una datazione alta, ritenendo i dipinti inseriti in una diversa corrente pittorica, da legare alla cultura dei maestri attivi nella chiesa sotterranea di San Crisogono. Cfr. F. Gandolfo, Aggiornamento scientifico, in MATTHIAE 1966 [1988], p. 254; PARLATO-ROMANO 2001, pp. 124-126.


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