Considerato una vera e propria
cappella palatina e terminato nel 1246, l’ambiente, ubicato nel rione Celio e dedicato
a san Silvestro, presenta una pianta rettangolare con volte a botte. Gli
affreschi che lo decorano, realizzati nei primi anni del XIII secolo, narrano
alcuni episodi relativi alla vita di Costantino, della madre Elena e di san
Silvestro, 33° vescovo di Roma e papa della Chiesa Cattolica dal 314 alla sua
morte. Il pavimento è in stile cosmatesco, mentre la volta è decorata con
motivi di stelle e croci: al suo centro sono poste cinque maioliche originali,
a formare una croce greca. La base della volta è decorata con un fregio a
foglie.
Il ciclo di affreschi, composto da 11 scene o pannelli, desunto dagli Actus Silvestri e ispirato alla vita
leggendaria dell’imperatore Costantino I, è così strutturato:
-
parete
d'ingresso: Costantino colpito dalla lebbra; Pietro e Paolo appaiono in sogno a
Costantino malato e lo esortano ad affidarsi a papa Silvestro; I messi
imperiali si dirigono al monte Soratte per incontrare Silvestro.
-
parete
sinistra: I messi di Costantino salgono sul monte Soratte; Silvestro rientra a
Roma e mostra a Costantino le effigi di Pietro e Paolo; Costantino riceve da
Silvestro il battesimo; Costantino, curato dalla lebbra, siede in trono di
fronte a Silvestro; Silvestro a cavallo, in corteo, è accompagnato da
Costantino.
-
parete
destra: Silvestro risuscita il toro ucciso dal sacerdote ebreo; Elena, madre di
Costantino, ritrova la vera Croce; Silvestro libera il popolo romano da un
drago.
La lunetta in controfacciata ospita un
abbreviato Giudizio Finale, che si
sovrappone alle prime scene di Costantino.
Già Guglielmo Matthiae (MATTHIAE 1988,
pp. 139-140), grande esperto di storia dell’arte medievale, aveva notato come
il Cristo del Giudizio fosse qui rappresentato con la spalla nuda, secondo una
formula iconografica ripresa anche in una tavola della Galleria comunale di
Marittima. Il Salvatore, raffigurato con i simboli della Passione, è seduto su un
trono curvo e privo di dossale. La Vergine e il Battista, rispettivamente alla
destra e alla sinistra del Cristo, sono in piedi nel gesto della preghiera e
dell’intercessione. Ai lati prendono posto i principi degli apostoli Paolo e
Pietro, a capo di due file di ‘synthronoi’. Sempre Matthiae avrebbe riscontrato
nelle teste del gruppo centrale un’impronta bizantineggiante, visibile “nella
depressione alla radice del naso”, con “la medesima svirgolatura con rialzo
dell’arcata sopraciliare dei mosaici di S. Paolo fuori le mura” (MATTHIAE 1988,
p. 140). Inoltre, egli ha evidenziato come nella pittura il gusto per le
architetture fantastiche e irreali cedi il posto ad annotazioni
semirealistiche, che tentano una precisazione ambientale.
Dal punto di vista stilistico i
dipinti murali della cappella sono stati messi in rapporto con quelli di Tivoli
(MATTHIAE 1988, p. 140), con l’opera del Maestro Ornatista della cripta di
Anagni e con i mosaici absidali di S. Pietro e di S. Paolo f.l.m.
(PARLATO-ROMANO 2001, pp. 126-131). A giudizio di Matthiae, tuttavia, le
affinità con il pittore del duomo di Anagni – considerato un «bizantineggiante
più convinto» (MATTHIAE 1988, p. 142) – sarebbero soprattutto rilevabili nella
‘maniera’ dei due pittori e non in puntuali rispondenze formali.
Secondo Zchomelidse la divisione in
registri, gli angeli che suonano la tuba, il cielo srotolato, Cristo in trono
con le stimmate, la Madonna Avvocata, il Battista e i synthronoi sarebbero piuttosto occorrenze iconografiche che
avvicinano il Giudizio dei Ss. Quattro Coronati agli analoghi soggetti della
tavola vaticana, di S. Maria del Vescovio e di S. Maria dell’Immacolata a Ceri
(ZCHOMELIDSE 1996, p. 154).
Nessun commento:
Posta un commento