venerdì 12 ottobre 2012

Roma medievale: la basilica dei Santi Cosma e Damiano


La basilica dei Santi Cosma e Damiano, dedicata da papa Felice IV (526-530) ai due fratelli greci, dottori, martiri e santi, è situata nel Foro di Vespasiano, conosciuto anche come Foro della Pace. La parte più antica del complesso, che un tempo costituiva il recinto del Tempio dei Penati, è composta dai muri di tufo delle pareti laterali dell’edificio, risalenti all’epoca di Augusto. Fra il I e il II secolo, le mura di travertino e tufo furono sviluppate per realizzare lo spazio dell’odierna navata. La muratura fu quindi completata sotto Diocleziano con la realizzazione del tetto.
Il mosaico absidale comprende il Cristo e i principi degli apostoli Pietro e Paolo che introducono i due santi titolari Cosma e Damiano, connotati dalla corona del martirio, simbolo della loro vittoria sulla morte. Alle due estremità si vedono Felice IV, frutto di un restauro seicentesco, che sorregge il modellino della basilica, e s. Teodoro. I personaggi sono calati entro un contesto paradisiaco e in una trama di motivi apocalittici. In basso alla composizione corre una fascia abitata dall’Agnus Dei in prossimità del Mons paradisiaco, presso il quale figurano i quattro fiumi del Paradiso - il Fison, il Gehon, il Tigri e l'Eufrate – e verso il quale converge una teoria di agnelli.
È qui rappresentata la Teofania del Cristo - dal greco theophàneia, composto da theos ("dio") e da phàinein ("manifestarsi") –, resa attraverso un avvento trionfale, l’adventus imperiale. La scelta del soggetto iconografico è strettamente legata alla natura di “santuario urbano” dell’edificio, che fa parte di una categoria distinta dalle basiliche parrocchiali e “ad corpus”, per le quali esiste una precisa tradizione iconografica, che predilige il ritratto del santo titolare. La decorazione dei Santi Cosma e Damiano si presenta, in questo senso, come una sorta di “ibrido”, di sintagma iconografico, poiché concilia il tema teofanico con la prassi di ritrarre il santo eponimo. Nel caso della chiesa del Foro si sceglie una nuova soluzione, che farà da modello alle successive composizioni absidali, e che è improntata, di fatto, su temi iconografici già esistenti. Il mosaico riprende dalle aule cultuali lo schema a sette elementi, con il papa committente e santi (in questo caso Teodoro) il cui culto è connesso con l’edificio; dalla pittura catacombale romana è tratta l’iconografia di Pietro e Paolo che introducono il santo titolare mediante il gesto del “patrocinio”; all’antica composizione dell’arco di S. Pietro in Vaticano, che raffigurava Costantino con il modellino, è ispirata l’iconografia del pontefice che offre il modello della basilica al Cristo. L’ “admissio” dei santi in un luogo ultraterreno e “apocalittico” – suggerito dal cielo, dalle nubi, dall’empireo e dalla fenice – ricalca invece le prime composizioni musive romane della Traditio Legis (catacombe, S. Costanza).


La decorazione musiva è considerata l’ultima manifestazione di un’arte monumentale veramente romana. Si nota tuttavia un certo contrasto fra il vigore plastico del gruppo centrale e il carattere ieratico della figura di san Teodoro sulla destra, e fra la tendenza naturalistica del paesaggio e l’eccessiva schematizzazione della composizione piramidale. Proprio questa sintesi “equilibrata” tra l’elemento organico-realistico e quello astratto-bidimensionale rappresenta la chiave di volta del mosaico.

Principali fonti bibliografiche:
M. Andaloro, S. Romano, L’immagine nell’abside, in Arte e iconografia a Roma. Da Costantino a Cola di Rienzo, Jaca Book, Milano 2000;
F. Gandolfo,  Il ritratto di committenza, in Andaloro, Romano, 2000, pp. 175-192;
G. Matthiae, Pittura romana del Medioevo. Secoli IV-X. Aggiornamento scientifico e bibliografia di M. Andaloro, I, Roma 1987. 

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