L’attuale Salonicco (un tempo
Tessalonica, uno dei principali centri dell’Impero bizantino) è, insieme con
Roma e Ravenna, luogo fondamentale per la ricostruzione degli orientamenti
pittorici nell’Oriente e nell’Occidente cristiano di V secolo. La città sorse sulla Via Egnatia, una strada che,
ricollegandosi all’Appia, da Brindisi giungeva fino in Albania (Durazzo),
quindi in Grecia dove, passando per Tessalonica, continuava verso Costantinopoli.
Sin dall’epoca tetrarchica, con Galerio (290- 311), essa assunse una
discreta importanza. Coreggente di Diocleziano, cesare nella prima tetrarchia
e augusto nella seconda e terza tetrarchia fino alla morte, sopraggiunta nel
311, egli fece realizzare a Tessalonica almeno due edifici: un arco di trionfo
e una struttura circolare sorta in prossimità del palazzo imperiale. Il sito divenne presto sede del prefetto dell’Illiria e in seguito un apprezzabile
centro bizantino. L’area urbana all’interno della cinta muraria, edificata da
Teodosio I, era molto ampia. Se l’ippodromo e il palazzo imperiale sono andati perduti, l’arco di
Galerio, detto anche camara - termine
greco che indica una superficie voltata – e la rotonda, un'aula civile, prima
trasformata nella chiesa di San Giorgio e in seguito divenuta moschea,
testimoniano la sua fase tardo antica. L’arco di Galerio, quadrifronte,
fu eretto nel 305 per commemorare la vittoria dell’imperatore sui persiani.
Esso sorse sul punto di convergenza di due assi viari: una via monumentale
porticata - dalla funzione processionale e civile - che conduceva all’ingresso
della rotonda, e un altro asse che, attraversando la città, all’altezza delle
mura si ricollegava con la Via Egnatia.[1]
Intorno al VII secolo la rotonda, in
principio consacrata alla Potenza divina o agli Angeli, fu dedicata a san
Giorgio. Costruita nel 300 da Galerio, essa nacque con una funzione civile, verosimilmente
come aula di rappresentanza e più precisamente come sala del trono[2].
Due ipotesi campeggiano circa la sua antica funzione: poteva trattarsi del
mausoleo di Galerio, sepolto a Romuliana in Serbia, oppure di un tempio
dedicato a Zeus. La scelta di una pianta centrale è singolare e innovativa per
l’architettura greca del tempo, ed è ispirata al Pantheon, eretto da Agrippa intorno al 27 d.C. e trasformato, agli
inizi del VII secolo, in una chiesa cristiana dedicata a Santa Maria ad Martyres. [3]
Come nel Pantheon, l’ingresso della
rotonda di Salonicco era preceduto da un protiro e il vano centrale era coperto
da una cupola di 24 metri di diametro, alla cui sommità era un oculo. In
occasione della realizzazione dei mosaici l’oculo fu occultato dalla
costruzione di una vera e propria copertura cupolata[4].
La cortina muraria è caratterizzata da
mattoni con filari alternati di pietre e cotto, secondo una tecnica che un
secolo più tardi sarebbe stata utilizzata per le mura di Costantinopoli. L’interno
comprendeva un alto registro con finestre centinate e otto vani rettangolari
voltati a botte, introdotti da colonne architravate e alternati a pilastri
alleggeriti da nicchie frontonate contenenti statue.
Verso la fine del IV secolo, con
Teodosio I, si procedette alla trasformazione della rotonda in cappella
palatina. Intorno al 400 – 450, in occasione di tale trasformazione, fu
aggiunta un’abside, fu accentuato il protiro e furono inserite delle tombe
monumentali. Gli otto vani, originariamente chiusi, furono aperti al fine di
ottenere una sorta di deambulatorio circolare, costruito in calcestruzzo e
rivestito di mattoni.
La decorazione dell’interno era
composta di rivestimenti marmorei e da un ricco programma musivo, solo in parte
conservato. Il mosaico che adorna la cupola costituisce la più importante
testimonianza di pittura monumentale di V secolo superstite in area orientale. La
sua datazione è discussa e oscilla tra la fase teodosiana (fine IV), il V
secolo e gli esordi del VI. Il mosaico della cupola era organizzato in tre
fasce, alla cui sommità spiccava una Visione celestiale accolta dalle figure
acclamanti delle bande sottostanti. A un primo medaglione con Cristo sorretto
da quattro angeli alati, risponde una seconda banda, quasi del tutto perduta, della
quale rimangono resti di un terreno erboso, tracce di vesti candide e di piedi
posti in varie posizioni. I frammenti riguardano un coro di circa ventiquattro
figure. Si tratta di un corteo simile a quello degli apostoli del Battistero
Neoniano. Il quasi del tutto integro registro inferiore, posto sotto una banda resa
con elementi geometrici zoomorfi e fitomorfi [5],
è caratterizzato da un fondo aureo. La fascia, delimitata da una fittizia
trabeazione e da una finta cornice a mensola, misura circa otto metri ed è
suddivisa in otto pannelli larghi sei metri, inquadrati da naturalistiche
candelabre vegetali. Ognuno dei sette pannelli superstiti è di qualità
scenografica altissima e comprende due livelli di edicole coperte da cupolette
o sormontate da frontoni con dei grandi fondali che nella parte inferiore si
squadernano come complesse quinte architettoniche. Sia le architetture, sia lo
sfondo sono resi con tessere auree: ne deriva che l’effetto di
tridimensionalità creato dalle quinte scenografiche è immediatamente
contraddetto dal fondo oro e dal tono su tono delle architetture. All’interno
di queste strutture illusive si stagliano figure di santi oranti, immagini
bidimensionali, costruite attraverso la linea, delle quali si osservano i
sontuosi manti e i cui corpi sono soltanto immaginabili. Le architetture erano
popolate da tendaggi, da pavoni e da volatili cari al simbolismo cristiano. Le
figure di oranti, individuate da iscrizioni, inconsistenti e ieratiche, raffigurano
martiri militari, privi di attributi di santità. Alcuni volti sembrano ispirarsi
a dei ritratti antichi che, seppure idealizzati, non sono privi di una
caratterizzazione individualizzante. In altri, la tendenza alla
geometrizzazione e all’astrazione, alla semplificazione geometrica, prevale su
qualsiasi tipo di carattere individuale.
L’ iconografia del mosaico di San
Giorgio, espressamente pensata per lo spazio di una cupola, svolge il tema
della Parusia, o II venuta di Cristo il quale,
con una chiara allusione alla Gerusalemme celeste, è accolto e acclamato dalle
figure rappresentate nelle sottostanti fasce.
E. Kitzinger propendeva per una sua datazione entro la metà del V secolo, al tempo della conversione della
rotonda in chiesa cristiana, probabilmente ai decenni appena precedenti il 450.
Lo studioso aveva insistito soprattutto sulla persistenza dell’illusionismo
spaziale di matrice ellenistica. Kitzinger sosteneva come il
tema base adottato a Salonicco non fosse troppo distante e dissimile da quello
che costituisce il fulcro della decorazione di Galla Placidia. Anche nella
rotonda, una visione celestiale alla sommità era accolta da un gruppo di figure
acclamanti nella zona inferiore. Quanto al legame con la cultura figurativa
ellenistica, rinviano a questo tipo di tradizione figurativa sia la decorazione
di una cupola, di una volta o di un soffitto a cupola secondo una sequenza di cerchi
concentrici o bande, sia la soluzione della banda più esterna e bassa con una
sorta di zoccolo o dado, sorretto e completato da fregi e cornici fittizie.
Circa il programma e le soluzioni
scelte, dunque, la rotonda può essere felicemente confrontata con la cupola del
battistero degli Ortodossi e con il Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, a
testimonianza di come le radici delle commissioni placidiane vadano in
direzione dell’oriente cristiano.
Le ventiquattro figure del secondo registro,
rappresentate in diverse pose, alcune addirittura di spalle, erano in attivo
contatto con il Cristo trionfante del medaglione, sorretto da Angeli
monumentali e introdotto da tre elaborate cornici. [6]
Il programma fu pensato in relazione
allo specifico significato iconografico e alla composizione visiva che influiva
sulla struttura architettonica. A un’attenta analisi dell’impianto compositivo emerge
un dato interessante: la diversa natura dei tre registri. Nella fascia
illusionistica, o apparentemente tale, la percezione dello sfondamento della
parete era contraddetta dall’oro su oro degli edifici – diafani e immateriali -
e dalle figure bidimensionali dei martiri oranti, gli atleti di Cristo immersi
nei loro “palazzi celesti”.[7].
Il terzo registro si connotava come muro chiuso e la superficie piana della
parete era completamente “accettata” dalle frontali figure di santi. Tale
percezione contrastava con i caratteri di dinamicità e di naturalismo della
banda immediatamente superiore, suggeriti dallo sfondo verde chiaro e dalle
pose dei ventiquattro Seniores. In alto, nel medaglione, la figura di Cristo
sorretto dagli angeli dava l’idea di uno spazio aperto, dettato dalla visione
celestiale. Secondo Kitzinger, il disegno globale della decorazione di San
Giorgio “aveva radici nella tradizione del primo secolo a. C., dove la parte
superiore del muro era elaborata in modo tale da suggerire l’idea di uno spazio
aperto al di sopra di una zona chiusa con uno zoccolo fittizio”.[8]
[1] Tale asse aveva la stessa funzione della
Mese costantinopolitana.
[2] Krautheimer 1993, p. 87.
[3] L’edificio fu trasformato
dall’imperatore Foca durante il pontificato di Bonifacio IV.
[4] La cupola del Pantheon misura circa 43
metri, mentre quella di Santa Sofia ha un diametro di 31 metri.
[5] Si tratta di motivi diffusi in area
sasanide.
[6] Le tre fasce presentavano un motivo ad
arcobaleno, un inserto floreale, e una decorazione a cielo stellato.
Tra gli
angeli alati trovava spazio anche una fenice.
[7] Kitzinger 2005,
p. 61.
[8] Kitzinger 2005, pp. 60-61.
(http://www.flickr.com/photos/sainthadrian/4113437282/in/photostream/)
(http://www.flickr.com/photos/sainthadrian/4113437282/in/photostream/)
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